È morto il grande Tom Wolfe

Viveva a Manhattan già dagli anni Sessanta ma non rinunciava a presentarsi come un gentiluomo del Sud degli States (era nato a Richmond in Virginia nel 1931), quasi sempre vestito di bianco, con tanto di cappello e bastone da passeggio… Nonostante l’aspetto, però, non si può dire che, come scrittore, Tom Wolfe fosse un conservatore! Fin dai suoi esordi usò una prosa sperimentale, abbracciando la corrente di un giornalismo d’intervento, che non rinuncia ai neologismi e puntualmente dal tono satirico (“New Journalism”). E, tuttavia, come romanziere era un rappresentante dell’iperrealismo, non dello sperimentalismo.

Ricordato da tutti i media italiani per aver coniato l’espressione “radical chic” e per aver scritto Falò delle Vanità, il suo capolavoro autentico fu A Man In Full (da noi tradotto come “Un uomo vero”), ritratto di un tycoon americano che, alla fine del Millennio, viene a trovarsi sull’orlo del fallimento in seguito a un’azzardata manovra immobiliare: testo pieno di gustosi dialettismi del meridione statunitense e quindi da leggere preferibilmente nell’originale. Interessante anche perché vi si descrive il passaggio da una forma di ricchezza d’altri tempi al capitalismo aggressivo dei tempi moderni.

Tra tutti gli articoli-epitaffio oggi pubblicati in Italia, il meno peggio è sicuramente quello di Il Post.

Per chi volesse saperne veramente di più su questo autore, vada a leggersi un mio breve articolo di presentazione scritto una decina di anni fa: link     (L i t e r ae).