I Jethro Tull (tentativo di una biografia)

Si formarono a Luton nel 1967 e inizialmente suonavano blues rock. Presto Ian Anderson & Co. implementarono nel tessuto elementi di folk inglese, hard rock e musica classica, forgiando un carattere distintivo, un carattere progressive

Nel corso degli anni, nel gruppo suonarono diversi musicisti, quali i chitarristi Mick Abrahams e Martin Barre (Barre fu il componente che rimase nella band più a lungo dietro al sempre presente Anderson); i tastieristi John Evan, David (poi Dee) Palmer, Peter-John Vettese e Andrew Giddings; i batteristi Clive Bunker, Barrie “Barriemore” Barlow e Doane Perry; i bassisti Glenn Cornick, ¨C147C, ¨C148C, ¨C149Ce ¨C150C.

La registrazione di This Was, il loro debutto, costò 1200 sterline. Fu l’unico album con il chitarrista Mick Abrahams e presentava uno stile blues rock, jazz fusion, folk rock. 

>>> Da Stand Up ad Aqualung (1969–1971) <<<

Stand Up, secondo album in studio dei Jethro Tull, usciva il 25 luglio 1969. Conteneva la celeberrima “Bourée” e qui c’era più hard rock, insieme a un’impronta progressive. Martin Barre prese il posto di Mick Abrahams, che dissentiva con Ian Anderson circa la direzione musicale da seguire (Abrahams avrebbe voluto rimanere più aderente al blues rock).

Benefit, il terzo album dei Jethro Tull, usciva nel dicembre 1970. 

E già fin qui la band britannica aveva un percorso interessante: nata a ridosso del rock blues, era stata tramutata dal suo frontman, il carismatico Ian Anderson, in una macchina perfetta capace di sfornare capolavori… sì, possiamo definirli così… “prog”. Il quale Anderson però, a proposito del pur eccezionale (per noi) Benefit, avrebbe poi affermato: “Per certi aspetti, credo sia un album troppo cupo, privo del calore, dell’ironia e della luminosità di Stand Up“.

In Benefit troviamo per la prima volta il pianista e organista John Evan (vecchio compagno di scuola di Ian); si tratta nel contempo anche dell’ultimo album con la partecipazione di Glenn Cornick al basso.

Jethro Tull – Aqualung:  uno dei loro dischi più epocali.

In quest’opera del 1971, i JT le cantano e le suonano  a una serie di tipologie umane cui la verità da fastidio: borghesi, bigotti, perbenisti ipocriti.

Per fare ciò, hanno creato un eteronimo e gli hanno dato, appunto, il nomignolo di “Aqualung”.

La formazione era quasi la stessa dal 1967 ma, a partire da questo album, il bassista Jeffrey Hammond, convocato dal suo vecchio e caro amico Ian, andò a sostituire Glenn Cornick. Poi si scoprì che proprio a Jeffrey (al quale per scherzo fu aggiunto un secondo “Hammond” al cognome) erano stati dedicati tre brani prima del suo ingresso nella band, uno per disco – in This Was, Stand Up e Benefit.

La copertina di Aqualung ci mostra il disegno di un clochard curvo che volta le spalle a un manifesto reclamizzante vacanze invernali in una rinomata località sciistica. La sola presenza del barbone Aqualung, che spesso lancia invettive, è un’offesa e una minaccia per la classe sociale agiata. Il nome del personaggio rimanda a un boccaglio da sub: ha a che fare con il bofonchiare malato e “umido” del senzatetto. 

Erroneamente, si credette che le fattezze di Aqualung fossero quelle di Ian Anderson. In realtà non è un ritratto del cantante-flautista dei JT: da racconti successivi si è appreso che trattasi di un dipinto ad acquarello di Burton Silverman e lo stesso artista (nato nel 1928 in America) dichiarò che era un autoritratto. Ian Anderson ebbe il colpo di genio di calarsi nei panni del reietto, esibendosi vestito similmente a lui. Per questo, nell’immaginario collettivo il frontman diventa “quello della cover”, dunque il clochard Aqualung. Capelli arruffati e barba lunga non curata, unita a un abbigliamento trasandato – con tanto di cappotto lercio – diventano il suo marchio e quello della band.
Per raffigurare nell’artwork le tre opere originarie di Silverman, presenti sulla front cover, all’interno (dove c’è la band al completo) e nel retro copertina (lo stesso barbone seduto sul bordo di un marciapiede insieme a un cane), l’artista americano avrebbe ricevuto 1500 dollari. Le opere originali sono oggi di proprietà di un collezionista.

Aqualung, il reietto, siede su una panchina e si trasforma in un filosofo e dissacratore: contro la società, l’ipocrisia borghese, la politica e contro Dio, il Dio delle religioni organizzate.

Questo non è un concept album “sensu stricto”. Cioè: i brani non sono capitoli di una storia. Però c’è un filo conduttore: quello della figura del senzatetto con le sue denunce sociali.

“Aqualung”, il brano che dà il titolo all’album
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… e poi venne l’Isola di Wight…

Esiste un DVD – imprescindibile! – con la performance della band nel leggendario festival sull’Isle of Wight (1970), dove si esibirono anche Jimi Hendrix, The Doors, Miles Davis e Joni Mitchell. 

>>> Progressive rock (1971–1976) <<<

Dopo il successo di Aqualung, i Jethro Tull  intraprendono più decisamente una svolta progressive, accostandosi agli stilemi appunto del prog rock: Thick As A Brick (1972) è costituito da un unico lunghissimo brano forzatamente suddiviso in due parti (allora un obbligo, vista la pubblicazione su vinile). La personalità e l’originalità del “suono Tull” vengono fuori in maniera prepotente (con molti numeri flautistici di Ian Anderson) e il disco è, in assoluto, uno dei vertici della carriera dello straordinario gruppo inglese.

Il sempre ironico Anderson inventa in questo caso una storia secondo cui i testi della suite sono stati scritti da un giovanissimo genietto (8 anni), vincitore (poi squalificato) di un importante concorso letterario: Gerald Bostock, soprannominato Little Milton. Il frontman dei Tull finge di prendersi la briga di dare nuova luce e visibilità al capolavoro del ragazzino, inserendo il testo “ripudiato” nel disco. Di conseguenza, dà l’idea agli ascoltatori che le sue visioni e le sue parole vengano dalla mente di un bambino.

Molti, all’epoca, credettero ciecamente alla storiellina.

È un concept album, in un certo senso il secondo dopo Aqualung (dove Anderson trattava il tema della religione con grande maturità e franchezza).

Abbiamo anche qui i JT al top delle capacità tecniche e melodiche, con i singoli elementi assai convinti e partecipi; e la nuova entry, l’incredibile batterista Barriemore Barlow, rafforza decisamente il suono del gruppo.

C’è un’ulteriore chiave di lettura per quest’opera: Thick As A Brick doveva diventare quasi una presa in giro del progressive rock. Così almeno ha dichiarato Ian Anderson. Fatto sta che, con questo platter, i Jethro Tull realizzarono una pietra miliare del genere a noi così caro!

Link: Articolo su ‘Onda Musicale’. “Thick As A Brick, la parodia del prog”  

Un pezzo giornalistico illuminato è quello di Pier Paolo Farina circa Thick As A Brick. Opera meritoria quella dei Jethro, anche perché Thick… giunse dopo Aqualung, album celebratissimo e amato anche dalla critica; e, come si sa, replicare il successo non è mai facile. Eppure, Ian Anderson e consorti riuscirono a realizzare una doppietta vincente.

Il 23 giugno 1972 usciva un doppio LP semiantologico che raccoglieva brani dei Jethro Tull dal 1968 fino a quel momento: Living In The Past. È un discoricco, soddisfacente. Con le tipiche sonorità jethrotulliane. Consigliato vivamente, ancora oggi, a chi desidera approcciarsi al leggendario gruppo rock della Terra di Albione.

Living In The Past(una compilation)

https://youtube.com/watch?v=videoseries%3Flist%3DPLfGibfZATlGrCill8xZZ0Ivb3QpvsHU04

Dopo il doppio Living In The Past , arrivò A Passion Play (1973).

Un crescendo di emozioni! Tu-tum… Tu-tum… Tu-tum… Il cuore batte, dentro la cassa toracica e nelle casse dello stereo. Le tastiere di Evan e la batteria di Barlow; lo stupendo basso di Jeffrey Hammond. La chitarra di Barre. E i fiati di Ian. “Do you still see me even here?” chiede il folletto-pifferaio di Dunfermline in Scozia (qui anche al sax). Ed ecco la sua voce spingere in avanti, su arrangiamenti superbi e tra atmosfere bucoliche, la prima parte del concept, “into the ever Passion Play”.

È la rilettura, come fosse uno spettacolo teatrale, della storia dell’uomo.

“Do you still see me even here?”

(The silver cord lies on the ground.)

“And so I’m dead”, the young man said

over the hill (not a wish away).

My friends (as one) all stand aligned

although their taxis came too late.

There was a rush along the Fulham Road.

There was a hush in the Passion Play.

Scriviamo l’anno 1973. Lasciata alle spalle la (presunta) parodia progressive Thick As A Brick, i Jethro Tull ci riprovano e questa volta le loro intenzioni sono dichiaratamente serie. Alcuni critici vedono in A Passion Play i sintomi evidenti della degenerazione portata dal prog rock: il disco sarebbe troppo pomposo, troppo “complicato” e pretenzioso. “È macchinoso” affermano. Quindi, un disastro? Macché! L’album in America vende benone e, dalla nostra parte dell’Atlantico, i fans parlano di “un nuovo capolavoro dei Tull”, osannando A Passion Play più o meno come hanno fatto e ancora fanno con Thick As A Brick dell’anno prima.

La seconda parte del disco contiene “The Story of the Hare Who Lost His Spectacles”. È il pezzo centrale dell’opera, favola umoristica con animali come protagonisti, recitato (non cantato) da Jeffrey Hammond, accompagnato da teatro da camera con gruppo e orchestra. Il testo sembra non c’entrare nulla con il resto dell’opera e, com’è facile intuire, ha la funzione di sdrammatizzare la seriosità dell’insieme.

War Child uscì quasi un anno e mezzo dopo. La critica aveva “bombardato” A Passion Play e, durante la lavorazione di War Child, la band dovette spiegare in varie interviste quali fossero i piani per il futuro. Finì che produssero un full lenght a base di hard rock e progressive.

War Child presenta in primo piano l’orchestrazione di archi di Dee Palmer attraverso una scaletta eclettica, con i membri della band che, come nei due album precedenti, suonano una moltitudine di strumenti. La musica è sicuramente più leggera e stravagante dell’oscuro A Passion Play, con accenni di vaudeville, di teatro leggero nei testi e nella struttura della musica. I testi comunque racchiudono ancora critiche sferzanti al sistema sociale (“Queen and Country”, “Bungle in the Jungle”), alla religione (“Two Fingers”) e una reazione alle critiche ricevute (“Only Solitaire”).

Minstrel in the Gallery, loro ottavo album in studio, uscì nel settembre 1975. Tutti i brani vennero composti da Ian Anderson; di Dee Palmer sono gli arrangiamenti per il quintetto di archi. (Dee è il nome che David Palmer assunse nel 2004, dopo l’operazione per cambiare sesso.) 

M.U. – The Best of Jethro Tull, pubblicato nel 1976, è il loro primo vero “greatest hits”. Abbraccia canzoni dell’arco temporale 1969-1975. 

Registrato nel 1975 e uscito nell’aprile 1976: Too Old to Rock ‘n’ Roll: Too Young to Die!

>>> Folk Rock: 1977-79 <<<

Alla fine degli Anni Settanta, i Jethro Tull realizarono tre LP di folk rock: Songs from the Wood (1977), Heavy Horses (1978) e Stormwatch (1979).

Jethro Tull – “Songs from the Wood”, dall’album omonimo
https://www.youtube.com/embed/z4UYX2qpUK0

Ecco i Jethro Tull eseguire alla TV francese qualcosa di magico (video sottostante). Già la Bourree in mi minore di Johann Sebastian Bach è, per sé, rock’n’roll; ma i Tull elevano la composizione ulteriormente, dimostrando cosa significa “sentire” la musica, amarla e saperla suonare.  

Il secondo “greatest hits” uscì nel 1977 e portava il titolo Repeat – The Best of Jethro Tull – Vol II (essendo M.U. – The Best of Jethro Tull il Vol I).

Bursting Out è del 1978. Il già citato Stormwatch del 1979.

“Weathercock”

(Gallo segnavento; banderuola). 

Dall’album Heavy Horses.

Testo:

Good morning Weathercock: How did you fare last night?

Did the cold wind bite you, did you face up to the fright

When the leaves spin from October

and whip around your tail?

Did you shake from the blast, did you shiver through the gale?

Give us direction; the best of goodwill —

Put us in touch with fair winds.

Sing to us softly, hum evening’s song —

Tell us what the blacksmith has done for you.

¨C300C¨C301C¨C302C¨C303C¨C304C¨C305C¨C306C¨C307C¨C308C¨C309C

>>> La “grande rottura” e il rock elettronico (1980–1984) <<<

Ian Anderson durante il concerto di presentazione di The Broadsword and the Beast del 1982 a Dallas, Texas

Agli inizi del 1980, dopo The Stormwatch Tour, Barlow, Evan e Palmer lasciano la band. Di Barlow si sa che era caduto in depressione in seguito alla morte di Glascock. (Le prime serie avvisaglie dei problemi cardiaci del bassista John Glascock sorsero durante il tour europeo di Heavy Horses, nel 1978; le sue condizioni peggiorarono notevolmente durante le registrazioni di Stormwatch… Glascock morì nel 1979, a soli 28 anni, mentre era on the road con la band negl States.) Dal canto loro, Evan e Palmer volevano “programmare il loro futuro” (più tardi si seppe che i due erano stati licenziati da Anderson… via lettera). Il frontman, da parte sua, comunicò di voler registrare un album in proprio. I Jethro Tull erano ora rimasti in tre: Ian Anderson (unico componente originale), Martin Barre e Dave Pegg.

Il primo disco degli Anni Ottanta avrebbe dovuto essere un album solista di  Anderson, ma la Chrysalis Records convinse il flautista a trasformarlo in un lavoro dei Jethro Tull.  Si aggiunsero, a Barre alla chitarra elettrica e a Pegg al basso, Mark Craney alla batteria e lo “special guest” Eddie Jobson alle tastiere nonché al violino (Jobson non necessita di presentazioni: ex Roxy Music, Frank Zappa, Curved Air e UK… UK che tra l’altro avevano fatto da apripista in molte serate dello Stormwatch tour). Lo stile dell’album, dove i synthesizers la facevano da padrona, era inusuale. Il titolo, A, si riferiva alla lettera che era scritta sull’etichetta dei master: A come Anderson… 

Dopo la tournée di A, Jobson e Craney se ne andarono e ci fu una girandola di batteristi. Gerry Conway, Phil Collins (che suonò con i Tull nel 1982, al primo concerto Prince’s Trust [un gala di musica rock]), Paul Burgess… Nel 1984 si trovò il batterista fisso: Doane Perry.

Il 1981 era stato il primo anno senza aver pubblicato un album, sebbene fossero state registrate delle session nella formazione Anderson, Barre, Pegg e Conway, con Anderson alle tastiere. Alcuni dei brani finirono nella compilation Nightcap del 1993. Nel 1982 arrivò il tastierista Peter-John Vettese e il suono dei Tull tornò in direzione folk, ma con i synthesizers appunto. Il 9 aprile 1982 fu la data del lancio di The Broadsword and the Beast, 14simo album in studio dei Jethro Tull. 

È uno degli album favoriti di Steve Hackett. Un po’ sorprendentemente, poiché sia la critica, sia i fans del gruppo e gli amanti del rock in genere hanno opinioni controverse su questo lavoro di Ian Anderson & Co. Forse il giudizio migliore l’ha dato Dave Dickson nel suo articolo per la rivista Kerrang!: per Dickson, i brani di The Broadsword and the Beast sono “portatori di emozioni nella misura in cui si è disposti a prestarvi attenzione. Se sei un fan, puoi trovarvi qualche sorpresa piacevole. Se invece non lo sei, fatti prestare il disco da qualcuno. E forse anche tu rimarrai stupito.”

Broadsword risulterà essere una delle cose migliori dei Jethro Tull negli Anni ’80, fermo restando che il decennio precedente rimane ineguagliato. L’album è diviso in due parti: ‘Beastie’ e ‘Broadsword’. Il brano d’apertura “Beastie” è uno studio psicologico dei nostri demoni. “Broadsword” (traccia 6, facciata B dell’LP) è il guerriero logoro e stanco che parte per quella che potrebbe essere un’ultima grande avventura epica.

– Ian Anderson: voce, flauto, chitarra acustica, Fairlight CMI   

– Martin Barre: chitarra elettrica, chitarra acustica

– Peter-John Vettese: piano, synthesizer (1,13,16), voce

– David Pegg: basso, mandolino, voce

– Gerry Conway: batteria, percussioni

  (Computer Musical Instrument),  primo sintetizzatore-campionatore digitale

Negli show relativi a quell’album i componenti della band indossavano vestiti medievali e il palcoscenico assomigliava a una nave vichinga…

Nel 1983 uscì un album solista di Ian Anderson. (Fu in realtà un album di  Anderson e di Vettese.) Niente folk rock tradizionale ma un album improntato massimamente ai suoni elettronici: Walk into Light

Jethro Tull dal vivo a Roma nel 1982 al Teatro Tenda (Pianeta ‘Seven Up’)
https://www.youtube.com/embed/Ig3g_05Apew

1984: i Jethro Tull realizzano Under Wraps, ancora un album “elettronico” dove, proprio come Walk into Light, una drum machine sostituisce il batterista. Per Barre, questo era uno dei suoi album dei Tull favoriti; ma le vendite rimasero dietro alle aspettative. Dopo il tour, Vettese lasciò la band, in seguito alle critiche ricevute per The Broadsword and the Beast, Walk into Light e Under Wraps. Seguì una pausa di 3 anni, dovuta anche ai problemi alle corde vocali di Ian Anderson. Anderson ne approfittò per occuparsi a tempo pieno della sua fattoria di salmone sull’isola di Skye, nelle Ebridi (Scozia). 
Nel 1986 venne pubblicato il single “Coronach” (opera di “Jethro Tull and David Palmer”) dopo che il brano fu usato come sigla per il programma di Channel 4 dal titolo Blood of the British.

Jethro Tull dal vivo nel 1986
https://www.youtube.com/embed/ldDX-tgBVqE

>>>Anderson, Barre, Pegg e Perry: la fase “hard rock” (1987–1994)<<<

I Jethro Tull tornarono nel 1987 con Crest of a Knave. Con Vettese assente, Anderson contribuì alla programmazione del sintetizzatore e l’album contiene passaggi di chitarra elettrica di Martin Barre in stile Anni ’70 che richiamano ai primi Tull. In tre dei brani viene utilizzata una drum machine, con Doane Perry e Gerry Conway a condividere con gli altri il lavoro alla batteria. Crest of a Knave fu un successo di critica e commerciale. Il tastierista Don Airey (ex Rainbow, Ozzy Osbourne, Michael Schenker Group, Gary Moore, Colosseum II) si unì alla band per il tour promozionale.

Nel 1989 i Jethro Tull vinsero un Grammy Award per la migliore performance hard rock/metal battendo i Metallica (di gran lunga favoriti) che concorrevano con …And Justice for All. Il manager dei Tull aveva previsto che non c’era possibilità di vincere il Grammy, soprattutto in quella categoria, e aveva consigliato ai musicisti di non prendersi la briga di andare alla premiazione. Così, il premio venne consegnato in absentia. Molti criticarono l’assegnazione del Grammy Award a un gruppo che era notoriamente tutt’altro che metal. La loro etichetta, la Chrysalis, reagì prontamente, pubblicando un annuncio su un periodico musicale britannico con l’immagine di un flauto adagiato sopra un mucchio di ferro e con la frase: “Il flauto è uno strumento heavy metal”. In un’intervista, Anderson scherzò: “A volte suoniamo i nostri mandolini a volume molto alto”. Nel 1992, quando i Metallica vinsero finalmente il Grammy nella categoria hard rock/metal, il loro batterista, Lars Ulrich, disse, faceto: “La prima cosa che faremo è ringraziare i Jethro Tull per non aver pubblicato un album quest’anno”. (Un riferimento doppio: richiamava alla mente un commento fatto anni prima ai Grammy da Paul Simon, che aveva ringraziato Stevie Wonder per la stessa cosa.)

Lo stile di Crest of a Knave (1987) è stato paragonato a quello dei Dire Straits. Anderson non aveva più l’estensione vocale di un tempo e usava i registri più bassi; il suono della chitarra di Barre si era spostato verso quello di Mark Knopfler. Due canzoni in particolare, “Farm on the Freeway” e “Steel Monkey” furono trasmesse alquanto spesso in radio. L’album contiene “Budapest”, la canzone più lunga dell’album (di poco più di dieci minuti), che descrive una scena nel backstage con una collaboratrice di palcoscenico ungherese. “Mountain Men” parla di cornamuse e uomini bianchi che vengono mandati a combattere in Africa (nella battaglia di Alamein) o nelle Falkland prima di ritrovare la via di casa, la casa sulle montagne (scozzesi). Crest of a Knave venne presentato nel “The Not Quite the World, More the Here and There Tour”, in cui Anderson suonava occasionalmente la chitarra ritmica. E (prima volta per i Jethro Tull) vi si registrava la novità di due chitarre elettriche che suonavano insieme sul palco. 

Rock Island del 1989 ebbe meno successo di Crest of a Knave. La traccia di apertura, “Kissing Willie”, contiene testi a doppio senso e riff di chitarra heavy metal tramite cui la band sembra prendere in giro se stessa per la vittoria del Grammy Award nella categoria metal, appunto. Dall’album sono emersi un paio di preferiti: “Big Riff and Mando”, resoconto ironico del furto del prezioso mandolino di Barre da parte di un fan; e l’allegra “Another Christmas Song”, che è stata ri-registrata per l’uscita, nel 2003, di The Jethro Tull Christmas Album

In Catfish Rising (1991) si torna a fare un uso generoso di mandolino e chitarra acustica, mentre retrocedono le tastiere, che vengono impiegate molto meno rispetto a qualsiasi album dei Tull degli Anni ’80. Tra i brani degni di nota: “Rocks on the Road”, con chitarra acustica e un testo sulla vita in città; e la ballata blues “Still Loving You Tonight”.

>>> Dalle radici ai rami e J-Tull.com: le influenze della World Music (1995–2000) <<<

Nel 1992 la band fece un tour semi-acustico con Dave Mattacks alla batteria. Se fu ne ricavò il secondo album live ufficiale dei Tull, A Little Light Music

Dave Pegg, bassista dei Tull per quindici anni, prese la decisione di lasciare la band durante la registrazione di Roots to Branches del 1995: desiderava concentrarsi sul suo lavoro con i Fairport Convention. Ma Pegg aveva un altro motivo non secondario per andarsene: Ian Anderson aveva iniziato a scrivere canzoni che contenevano influenze di world music e lui non era soddisfatto della direzione stilistica intrapresa. Contribuì a solo tre delle canzoni dell’album. Doane Perry, che era tornato come batterista a tempo pieno, reclutò il suo amico Steve Bailey, un apprezzato bassista, in sostituzione di Pegg. Anderson cedette il controllo degli arrangiamenti della sezione ritmica a Bailey e Perry. Ma, nonostante il suo contributo in fase di registrazione, Bailey non si unì alla band, così nell’ottobre 1995 arrivò un nuovo bassista, Jonathan Noyce.

“Out Of The Noise”
https://www.youtube.com/embed/byeC5kyBpsI

Il già citato Roots to Branches e il seguente J-Tull Dot Com (1999) risultano essere meno rock di Crest of a Knave o Catfish Rising . Le canzoni di questi album riflettono le influenze musicali di decenni di esibizioni in tutto il mondo. In “Out of the Noise” e “Hot Mango Flush”, ad esempio, Anderson ha raffigurato scene di vita del Terzo Mondo. In quel periodo e anche in seguito, le canzoni scritte da Anderson riflettevano la sua condizione di rocker invecchiato, come nella pensosa “Another Harry’s Bar” o in “Wicked Windows” (una meditazione sugli occhiali da lettura) oppure ancora nella burbera “Wounded, Old and Treacherous”.

>>> Album dal vivo, tournée mondiali e il “disco natalizio” <<<

Ci avviciniamo al presente…
La formazione primigenea dei Jethro Tull (Anderson, Abrahams, Cornick e Bunker) si è riunita nel gennaio 2002 per un’esibizione in un pub inglese. Il concerto è stato filmato per il DVD Living with the Past. (“With” the past, si badi bene, a fare il verso a Living “in” the past.) È una ricorrenza memorabile, essendo la prima e l’ultima volta in cui i quattro capostipiti della band hanno suonato insieme dal… 1968!

The Jethro Tull Christmas Album viene pubblicato nel 2003. È una raccolta di canzoni natalizie tradizionali e canzoni originali sul Natale composte dai Jethro Tull. Poi, per i successivi vent’anni circa, non ci sarà più un album in studio della band. 

Nel 2004 escono il CD e il DVD di Nothing Is Easy: Live at the Isle of Wight 1970

Ian Anderson Plays the Orchestral Jethro Tull esce nel 2005 (doppio album e DVD) e, come si intuisce dal titolo, è un’opera solista del frontmann dei Jethro Tull. 

L’intero album Aqualung del 1971 è stato eseguito dal vivo per un piccolo pubblico alla fine di una tournée negli Stati Uniti, il 23 novembre 2004, da Anderson, Barre, Perry, Giddings e Noyce. La performance è stata registrata per una trasmissione della XM Radio quale “una delle pietre miliari della musica moderna”. Era un programma che presentava “gli album più importanti mai realizzati; album senza tempo, ri-registrati dagli artisti originali!”. Dll’evento è sortito Aqualung Live. I proventi delle vendite di quell’album sono stati donati a enti di beneficenza per senzatetto (l'”Aqualung” della canzone, lo ricordiamo, era un vagabondo senzatetto).

Il bassista Jon Noyce ha detto addio ai Tull nel marzo 2006 e il tastierista Andrew Giddings ha, a sua volta, gettato la spugna nel luglio 2006, citando i continui tour e il tempo insufficiente da dedicare alla famiglia. I rispettivi sostituti: David Goodier e John O’Hara.
The Best of Acoustic Jethro Tull, pubblicato nel 2007, è una raccolta di 24 canzoni tratte da vari album; include una nuova versione acustica dal vivo di “One Brown Mouse” nonché l’esecuzione, sempre dal vivo, di una canzone tradizionale attribuita a Enrico VIII: “Pastime with Good Company”.

Nel 2007 la band ha anche pubblicato un DVD/CD del Live at Montreux 2003, che presentava la formazione invariata più duratura: Anderson, Barre, Perry, Noyce e Giddings. Le canzoni eseguite includono “Fat Man”, “With You There to Help Me” e “Hunting Girl”. 

Nel 2010 la band è stata commemorata con un Heritage Award da PRS for Music (che sarebbe come la nostra SIAE. ‘Performing Right Society’) e una targa è stata posta nella chiesa di Blackpool, dove i Jethro Tull avevano debuttato in pubblico nel 1964.

Purtroppo arriva anche la separazione di Martin Barre. È il momento più terribile, quello che i fans non avrebbero mai voluto vedere arrivare. Scriviamo il novembre 2011 e il chitarrista dichiara che, visto che non ci sono piani attuali per ulteriori lavori dei JT, lui andrà in tournée con la propria band, chiamata Martin Barre’s New Day. La formazione dei New Day include l’ex bassista dei Tull Jonathan Noyce e il repertorio è principalmente materiale dei Tull (di quello meno suonato nei concerti). Quattro anni dopo, nel 2015, Martin Barre dichiarerà drasticamente: “È importante che le persone si rendano conto che non ci saranno mai più i Jethro Tull! Ci saranno due band derivate, la Ian Anderson Band e la Martin Barre Band, che potrebbero coesistere a lungo e divertirsi a suonare per molti anni ancora.” Barre ha specificato che odiava sentirsi sempre dire: ‘Ma come mai hai lasciato i Jethro Tull?’. Spiegando: “Non è così. Ian voleva finire i Jethro Tull. Lui voleva fermare completamente la band!”

30 gennaio 2012. Ian Anderson annuncia sul sito web dei Jethro Tull che ad aprile uscirà Thick As A Brick 2: What Happened to Gerald Bostock?, registrato da lui e dalla “Ian Anderson Touring Band” quale seguito di Thick As A Brick del 1972.

 La formazione, nell’album e nel tour che ne segue, include due ex membri dei Jethro Tull: il bassista David Goodier e il tastierista John O’Hara; e in più il chitarrista Florian Opahle, il batterista Scott Hammond e il cantante aggiunto Ryan O’Donnell. Thick As A Brick 2 viene presentato in anteprima mondiale il 14 aprile 2012 alla Perth Concert Hall in Scozia, all’inizio di una tournée di 18 mesi atta sia a promuovere il nuovo album sia a celebrare il Thick As A Brick “storico”.

Una meraviglia solista di Ian Anderson:TAAB 2https://www.youtube.com/embed/videoseries?list=PL2BB11D89384FC77C

Nel novembre 2013, Anderson comunica che un altro nuovo album, Homo Erraticus, (“The Wandering Man”), sarebbe stato pubblicato nell’aprile 2014. Nei tour nel Regno Unito e negli Stati Uniti l’opera viene eseguita nella sua interezza. Homo Erraticus è un concept album che, secondo Anderson, “racconta le strane fantasie di un certo Ernest T. Parritt, riportate da un uomo ormai di mezza età di nome Gerald Bostock [il protagonista di Thick As A Brick] dopo una visita alla Old Library Bookshop di Mathew Bunter nel villaggio di Linwell. Bostock e Bunter si sono imbattuti in un manoscritto polveroso e inedito, scritto appunto da Ernest T. Parritt  (1873-1928), uno storico dilettante del luogo,  intitolato Homo Britannicus Erraticus.
Come Thick As A Brick 2, Homo Erraticus appartiene alla categoria degli album solisti di Ian Anderson.

Nell’aprile 2014, Anderson dichiara che in futuro pubblicherà tutta la sua musica sotto il proprio nominativo. I Jethro Tull – dice – “da dieci anni sono giunti più o meno al termine” e nell’ultimo periodo creativo della sua esistenza lui preferisce usare il suo nome, “essendo io il compositore di – praticamente – tutte le canzoni e tutta la musica dei Tull fin dal 1968”. 

Nel 2015 Ian Anderson realizza il progetto audiovisuale Jethro Tull – The Rock Opera con la Ian Anderson Touring Band, presentando materiale dei Tull modificato nei testi e alcune nuove canzoni rock che vedono come protagonista Jethro Tull l’agronomo: si tratta di elaborate produzioni video dal vivo. Per la prima volta, della compagnia itinerante fa parte una cantante, l’islandese Unnur Birna Björnsdóttir, che suona anche il violino. Il tour del 2016 tocca l’Europa, l’Australia e gli U.S.A. Nel 2017, Anderson va in tournée con una formazione che fa uso del nome “i Jethro Tull di Ian Anderson”.

“Bourrée” dal vivo
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>>> Ri-formazione della band, tour per il 50. Anniversario, due nuovi album (2017–2023) <<<

I Jethro Tull si esibiscono a Zagabria, in Croazia, il 13 ottobre 2018.

Nel settembre 2017, Anderson aveva annunciato i piani per una tournée che sarebbe servita a commemorare il 50° anniversario del debutto discografico dei Tull, This Was; oltre all’uscita di un nuovo disco nel 2018, per il quale la formazione della band comprende: Anderson, Hammond, Opahle, O’Hara e Goodier (tutti membri della band solista di Anderson fin dal 2012). Martin Barre risulta assente. 

2 gennaio 2018: Anderson pubblica su jethrotull.com un’immagine di sé con la didascalia: “I.A. in studio di registrazione, preparando un nuovo album in uscita nel marzo 2019. Shhhh! Tienilo segreto.”

Il 1° giugno 2018, la Parlophone Records lancia sul mercato una raccolta di 50 tracce da tutt’e 21 album dei Tull, nominata 50 per 50, per celebrare il 50° genetliaco del gruppo. Le note sul libretto di 50 per 50 affermano che un nuovo album sarebbe uscito l’anno successivo, ma si sarebbe trattato di un disco solista di Ian Anderson.

Nel novembre 2019, “Ian Anderson and the Jethro Tull band” fanno sapere che è stato programmato The Prog Years Tour, con undici date nel Regno Unito nel settembre e nell’ottobre 2020. Ma il tour verrà rinviato a causa della pandemia di COVID-19. In questo caso, il lavoro alla chitarra dovevano essere fatto dal nuovo membro Joe Parrish, poiché Opahle aveva lasciato il gruppo  alla fine del 2019 allo scopo di concentrarsi sul lavoro di produzione e sulla propria famiglia. 

“Shoshana Sleeping”, da The Zealot Gene https://www.youtube.com/embed/uPTeqsBd1Ik

13 luglio 2021: viene annunciato che i Jethro Tull hanno firmato con Inside Out Music per l’uscita di The Zealot Gene nel 2022. La novità è sensazionale: si tratta del primo album sotto l’egida Jethro Tull sin da The Jethro Tull Christmas Album del 2003, oltre a essere il primo a contenere nuovo materiale della band sin da J-Tull Dot Com del 1999.

“Mine is the Mountain” https://www.youtube.com/embed/dwn6_qikkwQ

17 novembre 2022: la band comuncia di aver terminato di registrare il 23esimo album in studio, la cui uscita è programmata nella primavera del 2023. Gennaio 2023: viene rivelato il titolo: RökFlöte. 21 aprile 2023: esce RökFlöte.

https://youtube.com/watch?v=videoseries%3Flist%3DPL67cMGyeB5sFA59R3HapXJ_BgAiWZuGLd

Link su Prog Bar Italia: recensione di The Zealot Gene